Il corpo che nasce. Gravidanza e parto come vie sapienziali
/2 Conferenza di Beatrice Benfenati presso l’associazione culturale Asia Modena, giovedì 2 dicembre 2010, per il ciclo di incontri “Il corpo sapiente”.

2° Parte

Il parto, il dopo-parto e la Via

 

Il parto: il sentire come valore da sostenere e non da sedare

Secondo me nel sentire che emerge durante il parto, anche se non è piacevole, c’è un immenso valore. Ci stiamo preparando alla responsabilità di mettere al mondo un bambino, non è uno scherzo. Non per i problemi economici o di tempo, che sono reali ma in fondo secondari. E’ una grossa responsabilità perché quel bambino andrà educato. Di questa responsabilità vedo purtroppo che ci si fa sempre meno carico: ci si dimentica che quel bambino non ha solo bisogno di soldi, di tempo e attenzioni, di futuro; ha bisogno di essere educato a qualcosa, a un valore. E ve lo chiederà. Non subito, ma ve lo chiederà. Vi ricordate quando avevate tredici, quattordici, quindici anni? Arrivano le crisi, mamma e papà non sono più perfetti, quello che dicono non è più oro colato a cui il bimbo crede e che assimila. Arriva l’adolescenza cominciano i dubbi, e comincia di nuovo quel sentire.

Cos’è un adolescente? Non è più un bambino, non è ancora un adulto. E’ in quella fase, come la donna nei primi mesi di gravidanza, dove non è più quello di prima e non è ancora diventato qualcos’altro. Di nuovo viene fuori quel sapore. Magari come contestazione, rabbia. Le domande vengono fuori in forma di sfide. Non è che vi sfidano perché vi odiano, vi sfidano perché in fondo vi stanno chiedendo: ma tu l’hai risolto quel problema che io sto sentendo? Mi capisci quando io sto male?

Con gli adolescenti è inutile dire: “Figlio mio, hai tutto, perché stai male?”. Più hanno tutto e più stanno male, proprio perchè ancora maggiormente viene fuori che non basta. Conoscete la storia del Buddha: si narra che vivesse in un palazzo regale, aveva una moglie bellissima, gli era appena nato anche un bambino, aveva proprio tutto, un futuro da re. Ma sentiva questo sapore e si chiedeva cosa fosse. Buddha ha avuto la fortuna di essere nato in una cultura che sosteneva quella domanda. Noi, quando vengono crisi di questo genere agli adolescenti e non sappiamo più cosa fare, diamo loro delle pillole per calmarli. Questo è terribile, gravissimo. I momenti più importanti della nostra vita, noi li sediamo.

Ecco che arriviamo quindi all’epidurale. “Dall’epidurale alla meditazione“, il titolo del mio libro, non è stato scelto a caso. Vorrei innanzitutto chiarire che non sono a priori contraria all’epidurale, l’analgesia che permette – si dice – di soffrire meno nel travaglio e nel parto. “Si dice” perché in realtà, proprio alcune ostetriche che lavorano in ospedale mi hanno detto che non è vero che con l’epidurale non si senta nulla. È questo è un grosso problema perché, se si dice alle donne che attraverso quest’analgesia non sentiranno più nulla, queste si aspettano di non soffrire per niente. “Ma tenete presente – diceva un’ostetrica – che l’anestesia si fa a un certo punto del travaglio, e per alcune donne le prime fasi sono le peggiori”. Se una donna pensa che non sentirà alcun dolore, il rapporto con quel sentire della prima fase del travaglio sarà ancora più negativo.

Detto questo, ripeto, non sono a priori contraria all’epidurale: in certi casi, in certi travagli particolarmente difficili e dolorosi forse è importante averla a disposizione.

 

Il dolore del parto: non suscitare la sfiducia

Quello che mi fa soffrire tantissimo – e per questo ho dato questo titolo al libro – è vedere come sempre più donne oggi si preparano a partorire con l’epidurale ma non per loro scelta: se durante le visite ginecologiche alla donna viene chiesto: “Vuol sentire male o no? Vuole l’epidurale o no?”, se questo è l’unico criterio, è ridicolo pensare che possano scegliere. Questa è un’offesa per la donna, perché le stanno in realtà dicendo: non sarai in grado di sopportare quel male, quindi forse è meglio che tu faccia l’epidurale.

Una donna del mio corso di yoga in gravidanza quando è entrata in ospedale ha detto che non voleva l’epidurale, che era pronta a partorire. L’operatore che era presente ha detto: “Va bene, va bene, tanto fra un po’ la farà, tanto la fanno tutte, figuriamoci se lei non me la chiederà!”. Ecco io questa la ritengo veramente una frase sbagliata, non capiamo che effetto di sfiducia ha sulla donna. Quella donna era una persona di grossa forza d’animo e ha detto: “Bene, vedrai che ce la farò”. E ce l’ha fatta. Però non sono tutte così. Dicendo una cosa di questo genere, l’operatore rovina un momento che potrebbe essere uno dei più significativi della vita della donna. Le toglie il terreno sotto i piedi, le dice subito che non sarà in grado. Ma non e’ vero, noi siamo perfettamente preparate a partorire! Se c’è qualcosa di tutelato dalla natura è proprio la procreazione, che la specie continui, quindi figuratevi se non siamo preparate a partorire! Il problema è che spesso non abbiamo una condizione che ci permetta di partorire bene.

Partorire bene significa partorire nel “sacro”; significa che tutte le persone presenti sanno che in quel momento si sta celebrando un rito, che non è solo un evento medico. Anche se magari per motivi medici o per nostre scelte partoriamo in ospedale o con un cesareo – io ho sempre scelto di partorire a casa, però qualcuno può benissimo non sentirsela o non potere partorire a casa – la sacralità c’è sempre! Perché la sacralità non dipende da come sarà quella nascita, ma da quello che accade in quel momento: una nuova coscienza si apre sul mondo esterno, una donna diventa madre, un uomo diventa padre e incontra suo figlio. Nascono tante persone in quel momento: nasce un bambino, nasce una madre, nasce un padre. È un rito che si sta celebrando e che non va assolutamente sedato se non c’è una reale necessità. Se la donna è preparata e ha intrapreso una Via che le fa capire che in quel sentire c’è un valore, se il parto non viene disturbato, vi assicuro che ne vale la pena anche se quel sentire non è piacevole. Le contrazioni non sono piacevoli per niente, negarlo sarebbe un inganno. Ogni volta che incontro Frédérick Leboyer discutiamo su questo; lui dice che non si sente male a partorire. Gli dico: “Tu fai presto, sei un uomo, non hai partorito, certo, fai presto a dire che non si sente male, sono sicura che tu non senta male!”.

È un male però che ha un valore, è un male al quale noi siamo perfettamente preparate. Preciso che in realtà Leboyer differenzia il male della contrazione (meno intenso) dal male del crampo all’utero (molto doloroso), che si ha quando la donna è a disagio e resiste alle contrazioni, e in questo ha perfettamente ragione.

Va capito il significato di quel dolore nella contrazione. È l’unico modo che il corpo ha per guidare la donna, guidare il bambino alla nascita. Quel dolore troppo intenso non è un nemico, ma dice alla donna: “Guarda, quella posizione non va bene, cambiala, cercane un’altra spostati, girati, altrimenti il bimbo non nascerà”.

 

Il dopo-parto: saper stare con intensità emotive difficili

In Occidente pensiamo con l’anestesia di poter separare senza conseguenze la mente che rimane cosciente dal corpo che viene reso muto; questo non solo nel parto ma in tanti altri momenti. Ma un corpo che non può parlare avrà difficoltà a produrre, per esempio, le endorfine naturali, così importanti per mamma e bambino!

Si sente sempre più parlare della depressione post-partum, un senso di malinconia, di tristezza che prende frequentemente le donne dopo il parto. Di nuovo la affrontiamo sedandone i sintomi, rendiamo muto il corpo. Ma anche quel sentire ha un valore!

Ricordo benissimo una donna molto giovane che è venuta al corso di yoga in gravidanza. Nei nostri corsi ci continuiamo a vedere anche dopo il parto, e una volta vedendola scossa le chiesi cosa sentiva nel suo dopo-parto. Rispose: “Ho una sensazione stranissima: io sono in casa e tutto a un tratto le cose mi sembrano immobili. Tutte lì, sembra che non stia succedendo nulla, perde tutto di senso. Questi ritmi lenti ai quali mi costringe il bambino, questa immobilità forzata, sembrano dire che è tutto fermo, tutto per niente.”

Ed io: “Bellissimo! E’ una cosa stupenda! Pensa che il tuo bimbo è lì e si sta facendo le stesse domande. Però… perchè tu ti senti disperata e lui no? Che cosa vorresti adesso?” E lei :”Vorrei solo che questi momenti passassero”. Le ho detto: “Ma in questo momento, io e te stiamo parlando e ti senti bene, ti chiedo: qual è il sapore più vero? Quello che viene fuori in quei momenti di perdita di senso o quello della quotidianità, a cui vorresti tornare al più presto?”

Lei ha aspettato un po’, poi ha detto “Quei momenti di perdita di senso!”.

“Allora sappi che questa è una grossa possibilità: se tu scappi ora da quei momenti, in futuro, quando tuo figlio comincerà a chiederti tanti “perché” sulla vita, tu non saprai sopportarlo. Lo zittirai perchè con le sue domande ti farà venire fuori ancora quel sapore dal quale adesso fuggi. E quando sarà adolescente e ti chiederà ‘Perchè mi hai messo al mondo? Che senso ha tutto questo?’ Cosa gli risponderai? Che gli hai dato tutto? È una risposta questa? È ora il momento di stare con quel sapore e lavorarci sopra. Se ci lavori adesso è per te, ovviamente, ma anche per tuo figlio. E un Via per lavorarci sopra, qui c’è”.

Quel sapore non va sedato. Noi abbiamo l’idea che ciò che non è piacevole sia da togliere; soprattutto in momenti come la gravidanza, la nascita, il dopo parto, c’è questa idea assurda che ci debba essere solo felicità, solo serenità. Non è vero, ed è giusto che non sia così perché, se ci fosse solo serenità, significherebbe che siamo inconsapevoli della grandiosità dell’evento che stiamo vivendo.

 

Le “Vie” per la gravidanza e il parto

Occorre un Via per vivere questi “momenti magici” dove lo strato di scontatezza si dirada, che non sono naturalmente solo la gravidanza, il parto, il dopo-parto, ma tanti momenti nella vita. Intendo il termine “Via” nel senso orientale. Noi abbiamo un’idea del corso per la gravidanza, il corso dalle 17 alle 19, una o due volte alla settimana etc., ma la Via è un’ altra cosa. Si trasmette anche attraverso corsi, in appuntamenti precisi, ma soprattutto è una qualcosa che si pratica costantemente, anche nei momenti più banali e che ci trasforma, ci educa, ci prepara giorno per giorno a vivere, a crescere, a educare, ad affrontare momenti difficili e le domande che in essi nascono.

La Via che propongo è lo Yoga e la Meditazione, ma penso che ce ne siano tantissime altre. In realtà ho iniziato anche a proporre l’Aikido in gravidanza, soprattutto con pratiche che educhino a coordinare mente e corpo, a sviluppare il Ki, attraverso la spada giapponese per esempio, e ho visto dei risultati incredibili. Proprio l’ultimo mese sono arrivati due messaggi stupendi di donne, che hanno vissuto proprio quello che ripeto spesso ai corsi, che il valore c’è sempre anche quando le cose non vanno come vorremmo.

Queste donne hanno avuto entrambe il parto completamente stravolto rispetto alle loro aspettative: una pensava di partorire a casa, un’ altra di partorire nell’ acqua in un ospedale specializzato. Entrambe invece hanno avuto due cesarei, dopo ore e ore di travaglio. Ma tutte e due ne sono uscite con una gioia incredibile, perchè avevano una Via che le sosteneva. Una ha scritto: “In quei momenti difficili, ero centrata. Tutto è andato a rovescio rispetto alle aspettative, però ho tenuto il punto nel basso addome e devo dire che è stato importantissimo.”

E l’altra ha scritto: “Tutto quello che avevo pensato e temuto è accaduto, e, nonostante tutto, ero pervasa da una calma profonda. Mi sentivo invincibile, inattaccabile, come quando tenevo in mano la spada.”

Queste sono cose estremamente importanti. È per questo che spero che qualcuno di voi mi dia un po’ di consigli su come proseguire, perché stiamo pasticciando tutto. In questi momenti dove viene fuori la sapienza più profonda che abbiamo, noi sediamo le donne, facciamo loro credere di non essere capaci di farcela.

Non solo attraverso l’epidurale, ma anche con queste migliaia di esami che si prescrivono. Oggi ormai – è una cosa incredibile – una donna in tre mesi di gravidanza fa più esami di quelli che ho fatto io in tre gravidanze. Affidandosi agli esami la donna sente che sarà qualcun’altro che sa come vanno le cose, non certo lei, rinuncia ad ascoltarsi, non sa più sentirsi. Ma nel suo corpo c’è tutto, il corpo ha una sapienza immensa che parla tantissimo. Vorrei che ci fossero operatori che chiedessero alle donne come stanno. Invece la donna va dall’operatore, dal ginecologo e chiede a lui come sta lei. Ma vi sembra possibile? Devo chiedere ad un altro come sto io? Ma è impossibile! Certo, non voglio dire che certi esami non vadano fatti, ma con buon senso! Occorre anche una Via che ci riporti a quel sentire che ci abita e che abbiamo dimenticato, che ci porti a stare con noi stessi e ad avere fiducia in ciò che sentiamo.

Lo Yoga, l’ Aikido, la Meditazione sono tra queste Vie. A volte il sentire parla con sensazioni piacevoli, a volte no. Ma non pensiamo che quelle non piacevoli siano meno importanti! Dobbiamo imparare a fare come fa il neonato che è acceso, guarda, non piange, non ride. E’ stupito!

Allora il mio sogno è questo: che ci siano sempre più genitori che attraversano questi momenti – la gravidanza, il parto, il dopo-parto – sapendo della sacralità di quello che sta accadendo. Che nascano sempre più bambini rispettati, al di là di come andrà il parto; anche un cesareo può essere rispettoso!

Che ci siano sempre più operatori capaci di sostenere – prima di tutto in se stessi – questi momenti intensi in cui si dirada la scontatezza. E poi capaci di sostenere i genitori in questi stessi momenti.

 

Dopo la nascita: andare a trovare un bambino appena nato

C’è un’ultima cosa di cui vi vorrei parlare: sarebbe bello che anche i parenti e i conoscenti riconoscessero l’intensità che emerge in una nascita e sapessero rispettarla. Sto male quando vedo questi bimbi nati da poche ore, con venti, trenta persone addosso, tutti che li guardano! Ma vi rendete conto? Un neonato ha bisogno di mamma e di papà, basta. Per i primi giorni vanno lasciati in pace. Invece abbiamo questa idea che, nasce un bambino, e bisogna andarlo a vedere. Vederlo sì, ma tra qualche giorno, non subito! Lasciamoli in pace! Il neonato e i genitori hanno bisogno di silenzio, di stare con loro stessi, in quella situazione nuova. Non andate a trovare i bambini appena nati, vi prego, andate a trovarli dopo un po’!

Dopo qualche giorno magari la nuova famiglia comincia ad avere bisogno di aiuto, sarebbe quello il momento in cui andarli a trovare per dare una mano. E invece che succede? Il primo giorno tutti lì a guardare, poi non va più nessuno! Tutto a rovescio!

Perché? Sapere che è nato un bambino fa emergere quel sentire che ci coinvolge tutti, come ho detto all’inizio; anche chi non ha mai avuto figli e non li avrà sente qualcosa, e non capisce cosa sta sentendo. Lì uno dovrebbe sedersi e meditare: “Cosa sto sentendo? Perchè la nascita di un bambino mi fa sentire questa cosa?”.

E invece no, c’è un sentire intenso e confuso, non sappiamo perché ci sentiamo così, e per placarlo cosa facciamo? Andiamo a vedere il bambino! E ci diciamo: “Ah, ecco chi è!”. Poi gli diamo un nome, naturalmente dobbiamo capire a chi assomiglia… Sediamo il sapore di mistero, chi è?.

Ma quel bimbo ha bisogno di silenzio! E anche noi avremmo bisogno di attimi di silenzio in cui ascoltare ciò che sentiamo e chiederci: cosa vuol dire ‘nascere’? Chi, cosa nasce?

Allora quando venite a sapere di una nascita, anziché andare subito a fare visita, sedetevi e meditate. I genitori non saranno tristi, ve lo garantisco, se non arrivano venti persone a trovarli. Non farete loro dispiacere, non si sentiranno soli, perchè hanno una presenza immensa con loro. Avranno molto piacere che se ci andrete un po’ più avanti, magari con un grembiule ad aiutare in casa perchè ci sono tante cose da fare!

E soprattutto andateci parlando poco: vicino a un neonato si sta zitti, si parla piano , si parla dolcemente. Si lascia parlare lui, dobbiamo imparare noi da lui e non lui da noi! Ci si lascia inondare da quel maestro che è in casa. Ma non subito. Siamo troppo umani noi, per i neonati. Hanno bisogno di silenzio, con la presenza solo di chi è transitato con loro in quel rito che è la nascita.

Se avete qualche domanda mi fa molto piacere, ma anche qualche consiglio per portare avanti questo sogno, che io sento fondamentale per tutte le future generazioni. Grazie.

 

Trascrizione: Valentina Boni, Roberta Cappi, Claudia Vignudini.

Redazione: Roberto Ferrari.

 

 

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Prima parte della conferenza che ho tenuto ad Asia Modena il 2 dicembre 2010

Il corpo che nasce. Gravidanza e parto come vie sapienziali

Conferenza di Beatrice Benfenati presso l’associazione culturale Asia Modena, giovedì 2 dicembre 2010, per il ciclo di incontri “Il corpo sapiente”.

1° parte

 

Lo sguardo del bambino e la gravidanza

Il tema della sacralità della nascita mi sta molto a cuore, e so che in realtà riguarda tutti. Parlo di gravidanza, parto e dopo parto come momenti sacri in cui emerge un sentire particolare, ma quel sentire tutti lo riconoscono: anche se non avete avuto figli, quando avete incontrato qualcuno che vi ha detto che aspettava un bambino, o vi è stato detto che era nato un bambino, penso che tutti abbiate sentito qualcosa in quel momento, c’è un’emozione. Il vostro corpo sapientemente in quel momento ha parlato. Spesso sono sensazioni che noi non siamo educati a indagare; le sentiamo, ma non sappiamo veramente perché le sentiamo. Oppure magari le interpretiamo, ma con le prime parole che ci vengono, non è detto che siano le parole giuste per capire quello che in quel momento sentiamo.

Dopo tanti anni di pratica col maestro Franco Bertossa – che vorrei innanzitutto ringraziare perché tutto quello che scrivo nel libro (Dall’epidurale alla Meditazione, Ed. Eugea, 2011) sinceramente è stato scritto solo perché c’è stata la sua guida – dopo le esperienze dei miei tre parti, dopo le centinaia di donne che ho seguito in questi 30 anni di insegnamento, non ho veramente più dubbi sul fatto che gravidanza, parto e dopo parto siano grosse opportunità. Per questo parlo di sacralità: sono grosse opportunità per fare emergere un sentire che tutti abbiamo dentro e che in quel momento trova degli spazi per affiorare. Qualcosa si allenta, qualcosa si dirada e quel sentire, che ci accompagna sempre, affiora.

 

Davanti a un bambino che nasce

Se avete visto un bimbo nascere senza essere disturbato, avete visto che ha uno sguardo incredibile, uno sguardo intensissimo che dura veramente a lungo: lui vi guarda e vi continua a guardare. Non piange ma neppure ride, guarda, sempre guarda, e quello sguardo è proprio una intensa domanda. Una domanda che verso i tre anni, diventerà: perché? perché? perché? Non si tratta di domande, in realtà sono stupori.

Capiamo che sono stupori perché, quando noi rispondiamo ai perché dei bambini, loro rilanciano con un nuovo perché. Chi è genitore sa benissimo di cosa sto parlando. “Perché questo?” E tu rispondi con una spiegazione. “E perché quest’altro?” E tu rispondi, e di nuovo “Ma perché quest’altro?”.

Se hai intrapreso un percorso, se comprendi cosa sta succedendo in quel momento a quel bambino, puoi veramente sostenerlo nel suo stupirsi. Già quando nasce il bambino sente quello stupore, quella domanda senza parole. E lo stesso sentiamo noi ogni volta quando qualcuno ci comunica che aspetta un bambino; sentiamo uno stupore che è come se ci chiedessimo: che succede? cos’è? cosa vuol dire un nuovo bambino? cosa vuol dire una nuova persona, una nuova vita?

Sappiamo tutti come inizia una nuova vita: un uovo e uno spermatozoo si incontrano e parte un processo di maturazione che sappiamo descrivere, ma questa descrizione non è una spiegazione. Soprattutto quando il bimbo nasce e lo incontriamo, noi vediamo che non è solo un insieme di cellule perfettamente organizzate – sicuramente un essere umano è veramente qualcosa di stupefacente anche per come è fatto – ma voi vedete lì dentroqualcuno che vi guarda. Quindi non è solo una questione di cellule che si sono moltiplicate, ma c’è una coscienza accesa che vi guarda. E non solo vi guarda, vi guarda anche in un certo modo: proprio quella coscienza vi guarda. Ho avuto tre figli, ho visto tanti bimbi, e non è assolutamente vero che i bimbi sono tutti uguali. Nascono già come se avessero una storia precedente, con uno sguardo diverso per ognuno. Dentro a quello sguardo stupito c’è qualcuno e c’è qualcuno anche di molto antico. Ed è un mistero, per questo ti stupisce e ti fa chiedere: cos’è? chi è? com’è possibile? da dove viene? che succede? che senso ha?

Incontriamo il neonato, ma incontriamo anche noi stessi in quel momento. Lui è una nuova vita, ma anche noi siamo vivi: che succede? cosa sono? Incontrare la nascita, un neonato, è una grande opportunità di incontrare la vita come mistero. Una opportunità che però perdiamo se non siamo preparati, se non siamo educati attraverso una Via – dopo vi parlerò di cosa significa per me “Via”. Per incontrare quello sguardo così pieno di intensità e di domande senza parole che qualcosa in noi riconosce senza saperselo dire, bisogna essere preparati.

 

Educare alle intensità della nascita

C’è un altro aspetto per cui è importante educare alla intensità della nascita: se non siamo preparati non solo perdiamo un’occasione di crescita, ma in più faremo guai, come genitori ma anche come operatori che assistono la nascita, o come parenti e amici che fanno visita al nuovo nato nei giorni successivi.

Questo è il motivo per cui da anni mi batto tenendo corsi anche per operatori della nascita. E continuerò a tenerli, perché diversi di loro, dopo pratiche di yoga, mi hanno detto: ” E’ vero, hai ragione tu, tante volte noi potremmo evitare di fare tante cose quando nasce un bambino, ma stare lì, in quell’intensità, in quella potenza che si scatena in quel momento, non ci riesce”. E allora in quel momento magari lavare un bimbo, tagliargli il cordone ombelicale, misurarlo, dà l’impressione di normalizzare la cosa; una cosa che di normale, di scontato, non ha nulla. Non c’è niente di scontato nel fatto che ci siamo, che esistiamo, il nostro corpo ce lo dice in tante occasioni e soprattutto nella nascita. Questa è la mia battaglia: vorrei proporre una Via per preparare le persone a reggere quella intensità e capirla per non fare pasticci, per permettere ai bambini di venire al mondo nel rispetto. E spero che mi diate un po’ di consigli, perché veramente ne ho bisogno per capire come portare avanti questa cosa, è talmente importante e ci riguarda tutti.

Il bambino nasce e non è preoccupato, è aperto a questo mistero. Se noi non l’abbiamo disturbato non piange, ha gli occhi aperti – non è vero che i bimbi nascono sempre con gli occhi chiusi, nascono con gli occhi chiusi quando gli accendiamo una forte luce in faccia, così controlliamo bene come vanno le cose. Il bimbo se è accolto bene non ha bisogno di piangere e testimonia qualcosa che noi dovremmo prima di tutto imparare a rispettare e poi da lui imparare, giorno per giorno. Per diversi giorni dopo la nascita, se non viene disturbato, questa sua presenza ci dice tantissimo.

 

In gravidanza: le sensazioni dei momenti di apertura

Vi ho parlato del momento della nascita, ma ora vorrei fare un passo indietro e tornare alla gravidanza, un percorso importantissimo anch’esso capace di aprire a grandi opportunità. Vorrei prendere a prestito l’espressione di una pediatra che ammiro molto, si chiama Iris Paciotti: lei chiama “magici” i momenti di apertura come la gravidanza e il parto, quei momenti dove quello strato di scontatezza che copre tutto si dirada e qualcosa può emergere. Parlo di gravidanza, parto e dopo parto ma è solo un pretesto, in realtà questi momenti avvengono anche in altre occasioni, nella vita di tutti. Perché si dirada quello strato di scontatezza? Cosa succede? In gravidanza succede fin dal primo momento in cui la donna sa di aspettare un bambino: non è più quella di prima, comunque andranno le cose qualcosa è cambiato in modo irreversibile. La donna non si sente più quella di prima, però non si sente ancora “donna in gravidanza”: la pancia non c’è, non ha sensazioni particolari. Questo momento in cui non è più quella di prima e non si sente ancora in gravidanza, è uno di quei “momenti magici”: non sa bene cosa è veramente, non sa più dove collocarsi.

Questi momenti di apertura sono a volte accompagnati da sensazioni non piacevoli. Questa è un’altra cosa estremamente importante da dire perché tutti si aspettano che, quando una donna viene a sapere di aspettare un bambino, diventi la persona più felice di questo mondo. Non è quasi mai così, o almeno non solo. C’è magari un momento in cui si sente estasiata, e poi il giorno dopo è disperata. Se leggete le testimonianze delle donne che sono alla fine del mio libro, contengono frasi bellissime. Una mamma scrive: “Quando ho saputo di aspettare il bambino mi sono infilata vestita sotto la doccia, ho aperto l’acqua e ho cominciato a urlare”.

È stata una cosa importantissima! Ma posso dirlo solo perché poi è entrata in una Via, altrimenti tutta quella intensità avrebbe potuto essere drammatica; grazie alla Via, quel momento è diventato poi un sostegno enorme.

Siamo abituati a pensare che solo le buone sensazioni siano portatrici di valori, ma non è assolutamente vero! A volte certi significati importanti, valori autentici, emergono attraverso sensazioni non necessariamente piacevoli. Ce lo insegna il bimbo quando nasce: non piange, ma neppure ride. Non è felice di nascere! “Però – noi pensiamo – se non è felice allora è triste”. No! Buddha ha parlato della Via di Mezzo: nè felice, nè triste. Allora com’è il neonato se non lo disturbiamo? Ci disorienta. È domandoso. Stupito. Stranito.

In questi momenti magici di apertura, legati o meno alla gravidanza e alla nascita, quella coltre si dirada un po’ e viene fuori la domanda da cui siamo abitati, spesso senza parole. Viene fuori con sapori alterni: possiamo essere immensamente felici un giorno e immensamente angosciati il giorno dopo. In sé non sarebbe un problema se in quella sensazione sgradevole che a volte chiamiamo “angoscia” non ci fosse purtroppo anche un giudizio che ci dice: “Questo è sbagliato, non dovresti, sei una donna in gravidanza, dovresti essere serena”. O peggio ancora: “Cosa fai? Chissà cosa sentirà il tuo bambino se tu provi angoscia!”. Questo giudizio è il vero problema, questo – come dice il Buddha – è soffrire di soffrire, essere angosciati di essere angosciati. Quella seconda angoscia è veramente il problema perché non è più una domanda, come la prima, ma è una risposta! Non apre, chiude. Mi sono risposta e ho detto: “Quell’angoscia non ci deve essere, è sbagliata”. E mi viene il senso di colpa.

La risposta, soprattutto se è sbagliata, ha un potere veramente dannoso: chiude i giochi, diventa un punto, diventa una fine, una conclusione tirata; se poi quella conclusione è tirata male è ancora peggio.

 

Ancora durante la gravidanza: rassicurarsi o prepararsi alle difficoltà?

Quando vengono da me le donne in gravidanza e dicono : “Ho fatto l’esame… è andato benissimo!”, in quel momento cerco di ricordare loro che andava benissimo a quell’ora in cui l’hanno fatto , che quell’esame dimostra solo che il bimbo stava bene in quel momento“. È un grosso errore dimenticare che noi non abbiamo mai nessuna garanzia! Perchè poi, quando arriva un problema grosso, siamo impreparati.

Un’ altra mamma ha avuto tre bambini e tutte e tre le volte è venuta a fare il corso di Yoga in gravidanza. Quando è venuta la prima volta, col compagno ha partecipato a un incontro per i genitori durante il quale ho detto:”Attenzione! I bimbi stanno bene ora, dobbiamo tenerlo presente, non ci sono mai garanzie. Non pensarci non è la soluzione”.

Tempo dopo, mi ha detto: “Sai siamo usciti io e mio marito, molto contrariati. Ti devo dire che anche eravamo un po’ arrabbiati con te: perchè in un momento così bello come la gravidanza ci venivi a fare questi discorsi? Siamo usciti che un po’ ti odiavamo. La settimana dopo, purtroppo, sono andata a fare l’ecografia e il bimbo stava malissimo!”.

Purtroppo non è nato, quel bambino.

Lei dopo mi ha telefonato, in lacrime. Però diceva: “Per fortuna che tu hai detto quella cosa. Perché ciò che in quel momento così catastrofico mi ha sostenuta è stato il fatto che da  una settimana, pur quasi odiandoti per quello che avevi detto, ero costretta a pensarci. Quando sono andata a fare quell’ esame, quando mi hanno detto questa cosa, che è stata terribile, non ero totalmente illusa. Sarebbe stato immensamente più terribile se io fossi arrivata lì con l’idea che, in base agli altri controlli, andava sicuramente tutto bene, senza neppure un piccolo spazio di dubbio. E invece, averci pensato una settimana, aver pensato che noi non controlliamo niente, che non abbiamo garanzie… . È vero che non dà una bella sensazione questo pensiero, però è vero”.

La soluzione non è fare gli struzzi e non pensarci perché, anche quando il bambino crescerà, nei momenti difficili vi chiederà ad esempio della morte e guarderà come rispondete e cosa sapete. A un certo punto i bimbi si accorgono che si muore e fanno domande, non ancora domande spaventate, solo domande. Se uno ha un suo credo religioso, in quel momento è importante perchè forse grazie ad esso ne parlerà in un modo sincero e forte, che sostiene. Per molti ormai la religione non è più un riferimento e in quei momenti non si sa che cosa rispondere. Ma se siete spaventati, imbarazzati, se non sapete cosa dire… se il bambino vi vede minimizzare, distrarvi o cambiare discorso… ecco cosa impara: “Se la mamma o il papà non ne vogliono parlare, allora forse è una cosa brutta, da temere”.

Li stiamo già educando a una paura che loro non avevano. Per questo parlo di grande responsabilità educativa: se non li sappiamo sostenere noi questi momenti, creiamo un problema anche a loro.

Quindi, tornando ai sapori difficili della gravidanza, non colpevolizzatevi, non cercate a tutti i costi di rassicurarvi, non fuggite, non distraetevi. Piuttosto chiedetevi: perché sento questi sapori? che significano? In questo mio non stare proprio completamente bene… ci può essere invece un valore?

 

Trascrizione: Valentina Boni, Roberta Cappi, Claudia Vignudini.

Redazione: Roberto Ferrari.

 

 

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Come si fa a far ancora finta di niente?

Dopo che sono state scritte queste parole, come si fa ancora a far finta di niente?
Da “Per una nascita senza violenza” di Frédérick Leboyer:

Quell’istante della nascita, questo momento di fragilità estrema, come bisogna rispettarlo!
Il bambino è tra due mondi. Su una soglia. Esita.
Non fategli fretta. Non spingetelo. Lasciatelo entrare.
Che momento! Che cosa strana!
Questo esserino che non è più un feto e o non ancora un neonato.
Non è più dentro la madre, l’ha lasciata. Eppure lei respira ancora per lui.
È l’istante analogo a quello in cui l’uccello corre con le ali spiegate e poi di colpo, appoggiato sull’aria, volerà.
Quando si è staccato da terra? Quando ha decollato? Non si sa.
Come non si sa dire quando la marea che sale comincia a ridiscendere.
Un momento ineffabile, impalpabile, il momento della nascita, quello in cui il bambino lascia la madre…
Questo momento fragile, impercettibile, voi, con le vostre mani rozze, non dovete toccarlo, senza capire…


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Yoga in gravidanza ad Asia

Alcune immagini tratte da una mia lezione di yoga in gravidanza:

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Primo incontro del corso di due anni sull’insegnamento dello yoga e della meditazione durante la gravidanza

Sabato 17 settembre ad Asia abbiamo iniziato il corso di due anni per l’insegnamento dello yoga prenatale. Eravamo più di trenta, molte di noi non avevano mai praticato insieme, eppure la concentrazione è stata grande e il silenzio molto denso. Direi che è stato un ottimo inizio per affrontare il grande tema della sacralità della nascita. Ringrazio tutte le persone presenti. Al prossimo incontro.

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The Mid-Pacific Conference on Birth and Primal Health Research

Per chi è interessato comunico questo interessantissimo convegno che si svolgerà a Honolulu in Ottobre del 2012.

Sono stata a quello che si è tenuto nel 2010 a Las Palmas ed è stato veramente importante e stimolante per continuare sulla Via del rispetto della nascita.

Qui sotto il link per tutte le informazioni:
http://www.wombecology.com/congress.php

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Una Via per ritrovare il Sacro della nascita

Dopo l’estate inizierò un corso della durata di due anni sull’insegnamento dello yoga e della meditazione durante la gravidanza, il parto e il dopo parto.

Obiettivo del corso è mostrare che la Via dello yoga è uno strumento fondamentale per riscoprire la sacralità della gravidanza, del parto e del dopo parto, e fornire le conoscenze necessarie per insegnare questa Via adattandola al particolare periodo della maternità.

Programma

  • Perché la nascita è sacra?
  • I tre trimestri di gravidanza: posizioni, respiro, suono, meditazione, nel rispetto  del particolare periodo che la donna sta vivendo
  • Studio delle singole posizioni. Quando alcune posizioni sono controindicate?
  • Come affrontare le difficoltà nell’assumere le posizioni, nel respiro, nell’emissione del suono in gravidanza
  • L’importanza del perineo e di un lavoro che ne aumenti la consapevolezza
  • L’importanza dell’ascolto, del saper stare con se stesse/in se stesse, la fiducia in sé
  • La relazione tra pratica di yoga, meditazione, travaglio e parto
  • L’eventuale presenza di un’altra persona durante il travaglio e il parto. Cosa può fare, cosa è meglio evitare
  • L’incontro col bambino alla luce di una Via.
  • Come continuare la pratica nel dopo parto. A cosa educare un bambino?

Il corso si svilupperà in 20 incontri nell’arco di due anni, il sabato pomeriggio dalle 16 alle 20, per un totale di 80 ore. Ogni incontro prevede una introduzione teorica e una parte pratica. Il corso si svolgerà presso l’Associazione ASIA, in via Riva di Reno 124 a Bologna. Le date del primo anno sono:

2011: 17 settembre, 8 ottobre, 5 novembre, 3 dicembre;

2012: 14 gennaio, 4 febbraio, 3 marzo,14 aprile, 5 maggio, 9 giugno.

Il costo dei 20 incontri è di 900 euro e il costo della tessera annuale di ASIA è 37 euro. Per gli studenti è previsto uno sconto del 30%. Il pagamento avverrà attraverso quattro rate di uguale importo. Ai frequentanti verrà rilasciato un attestato di partecipazione.

Iscrizione entro il 15 settembre 2011 direttamente alla segretria di ASIA o tramite bonifico:  Bonifico bancario intestato a: ASIA, presso “CARISBO” (ag. via Marconi 51 – BO).

IBAN:IT87R063850240607400013749H

Per informazioni e iscrizioni:

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Prossimi appuntamenti del percorso Nascita ad Asia Bologna

Ecco i prossimi appuntamenti a Bologna:

APPUNTAMENTI DI APRILE

1 aprile, venerdì, durante la regolare lezione di yoga in gravidanza:
incontro teorico su travaglio e parto

11 aprile, lunedì, durante la regolare lezione di yoga in gravidanza:
immagini tratte da “Natività” di F. Leboyer

15 aprile, venerdì, durante la regolare lezione di yoga in gravidanza:
lezione sul ki

28 aprile, giovedì, durante la regolare lezione di yoga in gravidanza:
“Il rito della nascita” video di F. Leboyer

14 aprile giovedì, dalle 18.30 alle 20.00:
incontro sull’uso della fascia (€ 15,00)

 

 

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Dall’epidurale alla meditazione/3

Ecco la terza parte della presentazione del mio libro Dall’epidurale alla meditazione, una Via per ritrovare il sacro nella nascita.

Colgo l’occasione per ricordarvi che venerdì 25 marzo alle ore 18.00 presenterò il mio libro presso la libreria MelBookStore in via Nazionale 254 a Roma. Parteciperà all’evento anche Gioia Lussana. L’ingresso è libero. Vi ricordo anche che il libro è edito da Eugea e che lo potete acquistare in libreria e su http://shop.asia.it.

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Nuova presentazione del mio libro a Padova

‎10giovedì la Feltrinelli | Librerie • Padova
ore 18.00 LIBRI
DONNE E MATERNITÀ: INCONTRO CON BEATRICE BENFENATI
Gravidanza e parto sono eventi naturali e sacri, che riguardano il nostro
primo rapporto significativo con il mondo. Emozioni, mistero e meraviglia
coesistono. Incontriamo Beatrice Benfenati, autrice del libro Dall’epidurale
alla meditazione. Una via per ritrovare il sacro nella nascita(Eugea).

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